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Prometheus |
Scritto da Emanuele Rauco | |
Friday 21 September 2012 | |
► Atteso e rimandato, il (celato) prequel di Alien vorrebbe affondare le radici nella metafisica e nella religione, ma si accontenta di copiare l'originale e restare a mezz'aria...
RecensioneL'idea che Ridley Scott tornasse alla fantascienza, per di più con una malcelata vicinanza alla serie di Alien da lui creata nel '79, ha acceso la speranza di cinefili e appassionati sul rilancio di una delle più fertili invenzioni del cinema post-moderno e di uno dei suoi registi più apprezzati. L'arrivo in sala di Prometheus però, ha spento molte di queste attese, di fronte a un prodotto sbrigativo e per nulla ispirato. Tutto inizia con la scoperta di pitture rupestri che formano una mappa stellare. I disegni testimonierebbero che, creature venute dallo spazio, avrebbero civilizzato per prima la Terra. Parte così una spedizione, alla ricerca di questi "creatori", ma le presenze sul pianeta non sono poi così pacifiche. Come si capisce dal plot, scritto da Jon Spaiths e Damon Lindelof, il film è in pratica un remake fedelissimo - e pure un po' pedissequo - di Alien, in cui il mix innovativo di fantascienza, esistenzialismo e horror viene ridotto a un guazzabuglio di temi spuri in confezione extra-lusso. Tutto centrato sulla creazione e il rapporto – inesistente a dire il vero – tra creatori ed esseri creati, tra uomo e dio in nome di una fede cieca, tanto nello spirito quanto nella scienza, Prometheus, come lascia intendere la figura mitologica del titolo che volle equiparare umani e dei, sarebbe una riflessione sulla disperata corsa dell'uomo verso l'assoluto. Ma resta sempre alla superficie della cose, e Scott, interessato come sempre alla cura luministica (Dariusz Wolski, autore anche di un buon 3D) e scenografica (a cura di Arthur Max), non riesce a tracciare una sola linea che porti da qualche parte, preferendo prendere in giro lo spettatore, prima negando il rapporto del film con Alien e poi realizzandone una copia carbone, come fosse il Van Sant di Psycho. Ma oltre al fastidio di trovarsi di fronte a una furbata produttiva, con ovvio cliffhanger e misteri fasulli che guardano alla prossima “puntata”, Prometheus soffre il passaggio attraverso una serie di riscritture che ne hanno annullato ogni potenziale: le dinamiche umane – come la sterilità e la fecondazione – sono buttate vie, molte sequenze paiono tirate per le lunghe, più di una traccia narrativa resta monca e il discorso su fede e famiglia non approda a nulla. Resta allo spettatore una lussuosa prima parte e la cosmogonica sequenza in cui David – un bravo Michael Fassbender – scopre l'universo (anche se la citazione kubrickiana nella televisiva colonna sonora di Marc Streitenfeld poteva esserci risparmiata); ma tutto il resto, Noomi Rapace che fa rimpiangere Sigourney Weaver compresa, è congelato a più di 30 anni fa. Come vorrebbe il cinema di Scott. (Emanuele Rauco)
Trailer:
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